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      E non sempre gemessi, e qualche manoSöavemente m'asciugasse il pianto,
     
      Crescerei più benevolo e più sano,
      E più caro alla madre io mi vedrìa:
      Lassa! altrimenti ella fu madre invano!
     
      Ella al mio fianco in pace invecchierìa,
      E per essa con gioia adoprereiA laudevol sudor mia vigorìa.
     
      Le poche forze ai patimenti reiSoggiaceranno in breve, e, fuorchè pena,
      Nulla i miei giorni avran fruttato a lei.
     
      Ovver, se presto a morte non mi menaTanta miseria, crescerò doglioso,
      Me coll'afflitta madre amando appena.
     
      Ed ella pur mi dice che odïosoIl povero alla terra e al ciel rimane,
      Quando alle brame sue non dà riposo,
     
      Quando coll'ira in cor mangia il suo pane.
     
      Ed ecco del bimboLa mamma ritorna:
      È stanca, ma un raggioDi gioia l'adorna;
      S'asside a lui presso,
      Lo stringe al suo sen.
      Oh quanto sinoraMi dolse, o figliuolo,
      Lasciarti ogni giornoSì tristo, sì solo!
      T'allegra: celesteSoccorso a noi vien.
     
      Nell'ore ch'ai figliNon ponno dar cura
      Le madri, cui premeFatica e sventura,
      Da provvide mentiRicovro s'aprì.
      Alquanto risana,
      E là tu verrai:
      Son piene due saleDi pargoli omai:
      Giocando, imparando,
      Vi passano il dì.
     
      Al santo pensieroChe aprì quel ricetto,
      Ministre si fannoCon tenero affetto
      Più vergini umìli,
      Sacrate al Signor:
      Null'altro che amarti,
      Il sai, potev'io,
      Ma quelle söaviAncelle di Dio
      Più dolce, più giustoFaranno il tuo cor.
     
      Io, conscia che al figlioNon manca un'aïta,
      Trarrò senza piantoMia povera vita,
      L'usato lavoroStimando leggèr.
      Al tetto maternoVerrai verso sera,
      E sempre alzeremoConcorde preghiera
      Per l'alme pietoseChe asilo ti dier".


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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino
1837 pagine 291

   





Dio