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      Libero uscirai tu di questa cinta?
      E se pur libero esci, ove allo sdegnoTi sottrarrai del rege? Oh potess'io
      Trarti di qui!
      Pietosa a lor d'intornoVolea la folla schiudersi allo scampo
      Del perigliante vate. - Uso alla fugaNon son, disse Aldiger; se travïommi
      Nell'impeto dell'estro il buon desìo,
      Tal non è colpa che celarmi io debba,
      E molta ho fè nel retto cor del sire.
      Sebbene irremovibil dal suo loco,
      Pur mesto era Aldiger, tardi mirandoAssai sciagure sovrastanti, e prima
      L'accelerato d'Ugonel supplizio,
      E rimordeagli coscïenza. - Io reo,
      Secretamente a sè dicea, d'audaceOrgoglio fui; me ne punisce Iddio!
      Dopo il virgineo insiem sonante accordo,
      Palma Ottone degnò batter con palma,
      E sorridendo già sorgea, bramosoDi portar lunge da cotanti sguardi
      Alfin l'arcana impazïenza. Il passoRafaella avanzò, novo tintinno
      Assumendo sull'arpa, ed il corteseImperador si rifermò nel seggio,
      Brevi credendo reverenti auguriiDalla ispirata udir vergine illustre.
      Rafaella tremanti avea le biancheMani sovra le corde, e uscìa tremante
      Dal dolce petto il modulato suono,
      E le guance arrossìano e di palloreSi ricoprìano, e il grande occhio fulgente
      Errava intimidito, e s'atterrivaDel re incontrando il formidato sguardo.
      Quel gentil trepidar della fanciullaDi tutte grazie adorna, intenerìa,
      E maggiormente a lei tutti amicava.
      Oh! prepotenza de' söavi incantiChe la donna somigliano al bambino,
      E pur la spargon di virtù nascosaChe ratta vince ogni viril fortezza!
      Oh! come l'uom, quell'apparente infanziaMirando in viso della donna, e in tutti


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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino
1837 pagine 291

   





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