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      Visto sovente è quel Guelardo assiso,
      Ch'ella tanto agli scorsi anni abborria.
      Ordiscono essi alcuna trama insiemeContro al lontano giusto? o la perfidia
      Tutta covossi di Guelardo in petto?
      Un dì da quel convito esce il fellone,
      E quasi esterrefatto si presentaAgli occhi del monarca, e a lui si prostra,
      Ed esclama: - Ebelino è traditore!
      Le rivolte fomenta; alla coronaD'Italia aspira: sciolta è l'amistade
      Che a lui mi strinse! Eternamente è sciolta!
      E false carte adduce in prova, e adduceDi vili già ribelli, or prigionieri,
      Menzogne tai, che faccia avean di vero.
      Ed il monarca trabalzò, fu vintoDalle inique apparenze. Esitò ancora,
      Dubitar volle novamente; a novoEsame ripiegò la scrupolosa
      Afflitta anima sua; ma le apparenzeTrionfaron più orrende e più secure.
      Indi egli irato invia turba di sgherriAll'italo paese, onde sia tratto
      Carico di catene il formidatoDuce a Bamberga.
      L'innocente duceStanza a que' giorni avea in Milan. Posava
      Una notte, ed in sogno a lui s'affacciaLo stuol de' cari, in varia guerra estinti,
      Fratelli suoi, col vecchio padre; e il padreFuggi, gridava, sei tradito!
      E gli altriCon affanno e singhiozzi ad una voce
      Ripetean: "Fuggi, fuggi!"
      Ei si risveglia,
      E per quell'alme prega, e s'addormentaUn'altra volta. E in sogno ecco apparirgli
      Il magno Otton primiero ed Adelaide,
      Non cinta ancor di monacali bende,
      Ma il serto imperial sopra la fronte.
      Meste eran lor sembianze, ed a lui: "FuggiFuggi, dicean, del figlio nostro l'ira!
      Ira per te sarìa mortal!"
      Si destaIl nobil duce, e per quell'alme prega,


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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino
1837 pagine 291

   





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