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      Gli ritornavan gli alti e numerosiServigi di quel prode, e l'amicizia
      Che al magno Otton, suo padre, avealo stretto;
      E commoveasi ripensando quanteVolte quell'Ebelin con tenerezza
      Lui prence fanciulletto infra le bracciaPortato avea, quante paterne cure
      Prese per lui, quanti affrontati in guerraPer sua difesa ardui perigli, - e il core
      Gli si volgea a clemenza.
      Ode sonantiNelle vicine sale i trascinati
      Ferri del prigioniero, e gli si gelaDi pietà il sangue. E quand'entrare il vede
      Pallido, smunto, gli si gonfia il ciglio,
      E magnanimo pianto a stento cela.
      Ebelin pur commosso era, calcandoCon vincolato piede oggi i tappeti,
      Che tante volte avea con dominantePasso calcati, e intorno a sè veggendo
      Tanti, che in altro tempo a lui dinanziS'inchinavan temendo, ovver felici
      Andavan s'egli a lor stringea la destra,
      E ch'or s'atteggian contegnosi, e qualiA sterile pietà, quali ad insulto.
      Giunto Ebelino alla presenza augusta,
      Piegasi reverente, e aspetta il cenno:
      - Favella, sciagurato: uom con più caldoFervor non brama tue discolpe.
      - Sire,
      La mia innocenza esser dovriati scrittaNe' lunghi intemerati anni ch'io vissi
      Di tua casa al servizio e dell'onore.
      In inganno te volto han miei nemici,
      E me calunnia opprime.
      - A tue paroleAggiungi prova, e riputato il sommo
      De' tuoi servigi questo fia da Ottone.
      - Se a te prova non son gli atti che opraiAlla luce del sol, l'abborrimento
      Sperimentato mio contra ogni fraude,
      Contr'ogni ingiusta ambizïon; se nullaA te non dicon queste mie sembianze
      Imperturbate in così ria sventura,


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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino
1837 pagine 291

   





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