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      Non t'han le orecchie tue?
      - Disselo, il giuro. -
      A queste voci il cavalier si torseRabbïoso le mani, e con un misto
      Di voluttà e di fremito, in più pezziFranse un anel, che dono era d'Irnando,
      Ed a' caduti pezzi impallidendoIl piede impose, e li calcò nel fango.
      - È finito! proruppe. - Ed iracondoLagrimava, nè udia del messaggero
      Parola più, nè rispondeagli.
      A guerraPrecipitato contra Irnando ei fora;
      Ma nol permise il ciel. D'una sorellaAlla difesa mover dee Camillo,
      La qual di Monferrato all'erme balzeCo' pargoletti suoi vedova geme,
      Da illustri masnadieri assedïata.
      Solinga intanto ecco Ildegarde. E votiPer la salute dello sposo alzando,
      E per la sua vittoria, e pel ritorno,
      Pur trema che allorquando ei dalle pugneRieda di Monferrato, incontro al sire
      Del vicino castel rompa la guerra.
      Un dì mirando quel castel, le cadeNell'animo un pensiero; - E s'io medesma
      Colà traessi, e mia nobil fidanzaVincesse il cor della romana altera
      E del truce baron? -
      V'ha certi mitiSenni, e tal era d'Ildegarde il senno,
      Che pur sono arditissimi, e formatoGentil proposto, se pur arduo ei paia,
      Tentennan poco, ed oprano. TranquillaIl seguente mattin, poichè alla messa
      Nel delubro domestico ha innalzatoIl femminil suo spirto appo lo Spirto
      Che regge i mondi e agli atomi dà forza,
      Ildegarde s'avvia sovra il suo biancoPalafreno seduta. A lei corteggio
      Sono una damigella e due famigli.
      Quand'ella giunse a' piè dell'alte muraDel castello d'Irnando, un momentaneo
      Palpitamento presela, e memoriaDi perfidie tornolle, ahi troppo allora


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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino
1837 pagine 291

   





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