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      Orfana, senza prossimi congiunti,
      Senza soccorsi d'amistà la mira;
      E le canute palpebre di piantoAmarissimo grondano e i singhiozzi
      Frenar non puote, e colle scarne maniSi copre il volto per vergogna e rugge.
      Un de' custodi come un tempo i falsiDi Giobbe amici, lo compiange e incuora.
      - Non avvilirti, o prode; in cielo è scrittoIl destin de' mortali; adorar sempre
      Dobbiam di Dio gl'imperscrutati cenni:
      Non accettarli è codardia e bestemmia.
      - Taci, impudente ghibellin; m'è notoChe giusto è Iddio, che i falli miei punisce,
      Che l'are sue mal onorai, che vissiD'ira e d'orgoglio più d'ogn'uom, che merto
      Cader per mani inesorate e inique.
      Non mi ribello contro a lui; non biasmoIl suo rigor, non tremiti codardi
      Me presso a morte invadono: un'angosciaNon ignobil mi preme. Ho una figliuola
      Ch'orfana resta, e sua sventura io piango!
      - Padre ai pupilli derelitti è Iddio.
      - Vero favelli, ma la terra è pienaDi pupilli derisi, insidïati,
      Spogli di tutto; ed ahi! su lor puniteForse da Dio son le paterne colpe!
      Indi io pavento, io peccator, sul fatoChe all'innocente figlia mia sovrasta.
      - Ben paventate, o sciagurati guelfi,
      Che tanti alberghi incendïaste, e tantiOlocausti sacrileghi immolaste:
      Men empio è il ghibellino.
      - Empi siam tutti,
      Amor vantando di giustizia a gara,
      E ognor con nostre stolte ambizïoniOpprimendo la patria e calpestando
      Natura e dritti ed innocenza e onore!
      Così dal labbro del feroce vecchioUsciva un misto d'indomata audacia
      E di sincero pentimento. Il capoPiegava sotto ai fulmini divini,
      Ma i consigli degli uomini esecrava,


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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino
1837 pagine 291

   





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