Pagina (247/291)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Lasciami: un altroDovere è quel di figlia. A me ignominia
      Fora il non chieder la tua vita al sire.
      - Vilipesa sarai.
      - Pur vilipesa,
      Degna sarò d'ossequio e di compianto:
      Avrò adempiuto quanto amor di figlia,
      Quanto la voce del Signor m'impone.
      Contendeano in tal foggia, e l'ostinatoArrigo persistea nel suo divieto;
      Ma di Staffarda l'infulato duceStrappò Maria dalle paterne braccia,
      Ed attraverso a numerose tendeCorrono di Tommaso al padiglione.
      Udivan essi da lontano gli urliDel corrucciato Arrigo:
      - A tutte dunqueSerbato io son le più esecrabili onte!
      Di me la figlia indegnamente stesaAd implorar la vita mia, la vita
      Che mi si fa spregevol, che non posso,
      Che non voglio accettar! Riedi, ten prego,
      Tel comando! paventa il furor mio,
      Il maledir d'un genitor morente!
      Ghibellino fu sempre Ugo, e nol movePietà di noi. L'ipocrita vegliardo
      Del nostro duolo infamemente esulta,
      E per farlo maggior vuol che d'Arrigo
      L'ultima figlia esempio doni abbietto.
      Del minacciar, paterno e delle ingiusteVoci contr'Ugo questa inorridiva;
      Ma il venerando abate alla fanciullaReggeva il cor, dicendole: - Salvarlo
      Dobbiam malgrado l'ira sua superba.
      Ma qual d'entrambi è l'animo allorquandoDalle guardie interdetto al padiglione
      Vien lor l'ingresso! Non bastàr nè preghi,
      Nè lagrime, nè strida. Un assolutoCenno del sir faceva inesorati
      Tutti i guerrieri che cingean la tenda.
      Stavano dentro a quella in assembleaCol supremo signor parecchi duci;
      E questi duci tutti eran da lunghiDanni e da amare perdite innaspriti,
      Sì che spinto da lor venìa il marchese


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino
1837 pagine 291

   





Staffarda Maria Tommaso Arrigo Ugo Arrigo Ugo