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      - Temprate il foco del contento, o sire,
      Dice il savio Gilner: senza magagneNon evvi terra, ed ha le sue pur questa.
      Ma poichè pieno è di magagne il mondo,
      Indulgete de' vostri avi alla terraPiù che ad ogni altra, e pïamente a lei
      Sacrate il senno ed i tesori e il brando.
     
     
     
     
      LA MORTE DI DANTE.
     
      Cantica.
     
      Non ho mai capito in qual modo Dante, perch'egli fra i magnanimi suoi versi ne ha alcuni iratissimi di varii generi, sia potuto sembrare ai nemici della Chiesa Cattolica un loro corifeo; cioè un rabbioso filosofo, il quale o non credesse nulla, o professasse un cristianesimo diverso dal Romano. Tutto il suo poema a chi di buona fede lo legga, e non per impegno di sistema, attesta un pensatore, sì, ma sdegnoso di scismi e d'eresìe, e consonissimo a tutte le cattoliche dottrine. Giovani che sì giustamente ammirate quel sommo, studiatelo col vostro nativo candore, e scorgerete che non volle mai esservi maestro di furori e d'incredulità, ma bensì di virtù religiose e civili.
     
     
     
      LA MORTE DI DANTE.
     
      Lavamini, mundi estote!
      (Is. I)
     
      E perchè l'arpa mia - debol, ma vagaDi ritrarre in devoti, alti racconti,
      A conforto degli altri e di me stesso,
      Gioie e dolori di supremi spirti -
      Perchè in sue melodìe qualche feliceO mesta ora de' sommi itali vati,
      Qualche virtù del cor, qualche sublimeEffondimento de' lor sacri ingegni
      Non ridirebbe? Oh quante volte ad essiM'è grato alzar gli ossequïosi sguardi
      Come figlio a parenti, investigandoLor nobile natura, e divisando
      Quasi funerea su ciascun di loroScior tal pietosa cantica di laude,


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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino
1837 pagine 291

   





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