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      Che, senza nč adular que' generosi,
      Nč tacer pur di colpe ov'ebber colpe,
      Sia gentile tributo alle lor tombe!
      Non avrai tu, per tragich'ira primo,
      Possentissimo Alfieri, onde reliquia(3)
      Sė prezïosa a me largė Quirina,
      Tu che maestro all'arte mia pių caraSė fortemente in giovinezza amai,
      Tu che ad Italia ed a' nativi nostriPedemontani lidi onor sei tanto,
      Non avrai tu dalle mie labbra un carme?
      L'avrai. - Nč per Parini anco fia scevraDi parole d'amor l'alma di Silvio;
      Nč per Monti e per chiari altri intellettiDi non remoti dė. - Ma se pių d'una
      Cantica aspettan molte ombre di vati,
      Pių l'aspettan le antiche. - Oggi tu, Dante,
      All'anima mi parli. I tuoi diviniVersi non seguo, nč dipingo i giorni
      Del tuo esular; di te la morte io canto.
      Splendeva all'Alighier l'ultima aurora,
      E sulle coltri sue muto ed assorto.
      Ne' pensieri santissimi ei giaceaMunito giā del Dio che alle fedeli
      Alme č quaggių ineffabile alimento.
      Umile fraticel presso gli stava,
      Or con brevi parole or collo sguardoLe divine speranze rammentando;
      E presso al letto, e qua e lā per l'ampiaSala, in piedi o sedenti, erano il vecchio
      Guido sir di Ravenna e i figli suoi,
      Ed assai cavalieri. ImpalliditePresso alla porta si vedean le facce
      De' giovincelli paggi e delle guardie.
      Dopo i riti adorabili, in silenzioStette gran tempo l'Alighier, ma gli occhi:
      Significavan prece e consolanteVista di cose celestiali e amore.
      Poi si riscosse, mirō intorno, e gratoSalutevole cenno ai circostanti
      Volse, e coll'imperar della possenteSua volontā rinvigorė lo spirto,


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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino
1837 pagine 291

   





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