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      Veggio intorno - ove ch'io l'occhio sollevi -
      Con fiero atto seder sovra le altureNegre castella, e scemasi a tal vista,
      Ma no, non cessa e sol natura cangiaLa voluttà che mi ridea nel core
      E più seria diventa e non men dolce;
      E allora il pastoral flauto lasciandoToccar desio la trobadoric'arpa.
      Musa,o patria, a me sien le tue memorie:
      Rosilde io canto. -
      Bella era ed amataE al suo sposo e signor tenera amante:
      E - come a fiore un fiorellin s'appoggia -
      Nelle braccia materne un pargolettoDella madre al sorriso sorridea.
      Se torna dalla caccia il cavaliereTeodomiro, oh quanto gli par lunga
      La salita al castel! non perchè il domiGrave stanchezza, ma perchè alla sposa
      Adorata il pensier vola ed al figlio:
      Erge ei gli occhi alla torre - e v'apparìaLui desiando la venusta dama
      Col leggiadro bambin, quasi dal cieloScesa fosse d'Iddio la Vergin Madre
      A consolar d'un suo sguardo i mortali.
      Ma improvviso precipita il doloreSui dì felici! Era un mattino, e in riva
      Stava al Lemna natio Teodomiro
      Inseguendo il cinghial. Vibra la freccia,
      E tra questa e la belva, ahi, dal cavalloSpinto è il giovin Denigi, e cade esangue!
      Denigi il fratel d'arme, il fido amicoDell'uccisore! (Vive ancor negli inni
      Di tue vaghe fanciulle, o Pinerolo,
      La beltà di Denigi e il suo coraggio.)
      Oh rammarco! rammarco! e dacchè tintoDel sangue dell'amico è il cavaliero,
      Sfuma ogni gioja sua. Sovra il castello,
      Così beato in pria, siede e vi spandeI negri vanni suoi l'angiol del male;
      E dello spirto scellerato il risoFama è che molti udir di notte tempo,


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Poesie scelte
di Silvio Pellico
Edizioni Buadry Parigi
1840 pagine 149

   





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