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      Son gli stessi prigioni onde la strageMinaccia se assalirlo osin le genti. -
      Mercè rendiamo al generoso, e in frettaRicalchiamo la via. Ma quando soli
      Teodomiro ed io per una selvaCi scostiam dal periglio, "aita! aita!"
      Sentiam gridar da lunge: onor ci vietaNegare aita a chi la implora: il ferro
      Snuda Teodomiro: il seguo: a zuffaCon gli Ungari veniamo. Avean rapita
      Al suo sposo una dama. Ahi, che poteroContro a sì forte stuol soli due brandi?
      Mira sul petto mio le non ben saldeAncor ferite, onde i nemici a terra
      Mi lasciar, mentre vinto e prigionieroStrascinavano il sire. Allorchè appena
      Riavermi e sorreggermi sull'egroFianco potei, mossi ad Otlusco e chiesi
      Del mio signor divider la sciagura:
      Ma il barbaro esultò, mi risospinse,
      E appeso ad una croce un uman troncoMostrandomi: - "Al tuo sir, disse, egual sorte
      Fra pochi dì sovrasta, ove quant'oroVal sì nobile vita io non riceva."
      E ch'è mai l'or? grida Rosilde: ah, tuttoSi sagrifichi tosto: assai di gemme
      Erede io fui..."
      Deh, ciò bastasse, o donna!
      Ma tal chiede riscatto il masnadiero,
      Cui ben pavento non s'adegui alcunaDi tue ricchezze. E il tempo incalza: i giorni
      Numerati ha il crudel."
      - Quando la donnaL'enorme udì richiesta somma, il lume
      D'ogni speranza a' guardi suoi s'estinse:
      E come il Giusto(1) in Idumea, percossoDall'eccesso de' mali, osò il suo grido
      Elevar verso Dio, ragion chiedendoDel non mertato aspro flagel - Rosilde
      Così, nel colmo del suo affanno, obbliaChe col suo Creator, dritto la polve
      Di contender non ha: ma il Creatore
      Come allor per quel Giusto, or si commove


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Poesie scelte
di Silvio Pellico
Edizioni Buadry Parigi
1840 pagine 149

   





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