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      Mieterà ancor per mano tua gli allori!"
      Al valente cantor doni gentiliPorgean le dame, e il sir dicea: "Tu sola,
      Figlia, sconosci la virtù e le nieghiL'amabil guiderdone?" - Alla paterna
      Dolce rampogna ella sorride, e tosto,
      Vergognando, discignesi dal pettoCandida sottil zona, e sovra l'arpa
      Leggiadramente del cantor la posa.
      Oh che son gli altri fregi? Il tempo forsePotrà la rimembranza o scancellarne
      O almen scemar; ma questa zona! -
      Il senoD'Eloisa cingevi! e tu sentito
      Hai di quel seno i palpiti! e sentitoForse li hai raddoppiarsi (ahimè, pur troppo
      Ell'è certezza!) allor che o la mia voceUdia da lunge o i guardi miei trovava
      E mie pene leggeavi!" Ah, da quell'oraCosi delira Adel!
      Spesso un tintinnoD'arpa s'ode la notte entro il castello:
      Egli è il misero amante che riposoSul letto non rinvenne, e con dimesso
      Suon quelle melodie va ricordandoChe più son care ad Eloisa - e il bianco
      Lin che dal musical legno discende.
      Sopra il volto li ondeggia e sopra il core,
      E reverenti baci egli v'imprime,
      E gli parla e il ribacia, e talor forseD'una lagrima il bagna.
      Il destin moveUn dì la giovin dama a errar solinga
      Tra le rose dell'orto, ed ivi il caroDe' suoi pensier segreti idolo incontra.
      Ambi treman, ritrarsi ambi vorriano:
      Ma, perch'egli era mesto, una soaveParola essa gli volse - "Adello, udiste
      Favellar d'uno spirto che ogni notteGià da alcun tempo bea il castel di queti
      Armonici sospir?"
      A quello spirto,
      O cortese mia donna, era speranzaChe i suoi sommessi asconditi sospiri
      Ignorati sarien: s'alcun li udiva,


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Poesie scelte
di Silvio Pellico
Edizioni Buadry Parigi
1840 pagine 149

   





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