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      Uopo è ben che nemico abbiasi il sonno - Ea quello spirto assai dorria se il sonno
      Mancasse ad altri come a lui."
      Nullo eraIn se quel dir; d'eluderlo v'avea
      Pur mill'arti o troncarlo: ahimè, quell'artiAd Eloisa non sovvengon! Pochi
      Confusi detti replicò, e que' dettiMolta pietà spiravano. Ah, d'ossequio
      Sol parlò Adel, ma questa voce uscìaSì tenera e tremante, che simile
      Era alla voce "amore!" Ed ei soggiunseSì meste cose di quei dì in che privi
      Saranno questi fiori e quel castelloDi chi li fea sinor giocondi - e, spesso
      Interrotto, pur dice anco di fioriA cui del sol manca la luce, e a terra
      Allor chinan la testa... e più non sorge!
      Oh Adel, t'intesi! il tuo proposto è orrendo:
      Tu vagheggi la morte!"
      Oh donna! Il giornoChe tanto audace io fui d'innalzar gli occhi
      Sovra cosa divina, era decretaLa morte mia dal ciel quel giorno."
      Il piantoSgorga a forza dagli occhi d'Eloisa;
      Ma dignitosa ell'è tutt'ora, e graviI modi e le parole. Un lampo d'ira
      Le balenò piangendo e dir parca:
      Così m'astringi ad avvilirmi? - Ei mutoAngosciato abbassava le pupille
      Più che mai reverenti onde la donna,
      Lagrimando non vista, il duro pesoDella vergogna non sentisse. E il pio
      Riguardo ella scerneva, e in petto quindiPietà maggior la inteneria. -
      Tal'eraDi que' semplici eventi la catena
      Che (impreveduta) avea le due inesperteAlme condotto alla fidente e vana
      Compassïon del vicendevol duolo.
      Ma oh come quelle bell'alme, incapaciPur d'un pensier che da virtù non tragga,
      Accusansi ciascuna in sè medesmaDel biasmevol colloquio!
      È questa adunque,


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Poesie scelte
di Silvio Pellico
Edizioni Buadry Parigi
1840 pagine 149

   





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