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      D'onnipotenza quasi insignorito,
      Ferve ognor più l'insana speme, e tuttaIn congressi pacifici prorompe,
      Ove i duo messi imperïali invanoSenno indiceano e obbedïenza.
      - O prodi!
      Così Ebelin risponde al temerarioDe' corrucciosi invito; io condottiero
      Mai contr'Otton non moverò, chè avvintoGli son da conoscente animo e onore,
      E il portai fra mie braccia. E quando insiemeDel moribondo padre suo le coltri
      Inondavam di pianto, il sacro vecchioNostre mani congiunse, e disse: - Un figlio,
      O Ebelino, ti lascio; - ed a te lascio,
      O figlio, un padre in Ebelino! - Ed eraIn tai detti spirato. Allora il figlio
      Gettommi al collo ambe le braccia, e moltoPianse, e chiamommi padre suo,e lo strinsi,
      E il chiamai figlio. Ove pur reo di pattiViolati con voi fosse il mio sire,
      Biasmo sincer da mie labbra paterneAvriane, sì; retti n'avrìa consigli,
      Ma non odio, non guerra, non perfidia!
      - Deh! taccïano, Ebelin, privati affetti,
      Ov'è causa di popoli. Ed ignotaMal tu presumi essere a noi l'ingrata
      Alma d'Ottone anco ver te, che drittiTanti acquistasti a guiderdone e lode.
      Ombra a lui fa la tua virtù: onorartiFinge, ma stolta è finzione omai
      Ond'ogni cor magnanimo s'adira.
      Possente sei, ma più non sei quel dessoChe ne' duo regni un dì tutto volvea.
      Tëofanìa il governa, e da Bisanzio
      Sul germanico seggio ov'ei l'assunseRecò le greche astuzie, e lo circonda
      Di greci consiglieri. Essi con leiVan macchinando contro te ogni giorno;
      Che se finor cadute anco non sonoLe podestà che a te largì il monarca,
      Della tua rinomanza egli è prodigio,


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Poesie scelte
di Silvio Pellico
Edizioni Buadry Parigi
1840 pagine 149

   





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