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      Parlar volea.
      Respinge inutilmenteGuelardo quest'inchiesta, e così forte
      La ripete Ebelin, ch'un de' sedutiA giudicarlo generoso alzossi,
      Sclamando: - La tua brama, o il più infeliceFra gli accusati, porteranno al trono
      Le labbra mie.
      Null'uom potè di quellaAnima schietta rattenere i passi:
      Move all'Imperador, franco gli parla,
      E il pio monarca inducesi al colloquio.
      Mentre dunque l'afflitto incoronatoNelle regali, splendide pareti
      Aspettava che a lui tratto venisseIl già caro Ebelin, nella memoria
      Gli ritornavan gli alti e numerosiServigi di quel prode, e l'amicizia
      Che al magno Otton, suo padre, avealo stretto;
      E commoveasi ripensando quanteVolte quell'Ebelin con tenerezza
      Lui prence fanciulletto infra le bracciaPortato avea, quante paterne cure
      Prese per lui, quanti affrontati in guerraPer sua difesa ardui perigli, - e il core
      Gli si volgea a clemenza.
      Ode sonantiNelle vicine sale i trascinati
      Ferri del prigioniero, e gli si gelaDi pietà il sangue. E quand'entrare il vede
      Pallido, smunto, gli si gonfia il ciglio,
      E magnanimo pianto a stento cela.
      Ebelin pur commosso era, calcandoCon vincolato piede oggi i tappeti,
      Che tante volte avea con dominantePasso calcati, e intorno a sè veggendo
      Tanti, che in altro tempo a lui dinanziS'inchinavan temendo, ovver felici
      Andavan s'egli a lor stringea la destra,
      E ch'or s'atteggian contegnosi, e qualiA sterile pietà, quali ad insulto.
      Giunto Ebelino alla presenza augusta,
      Piegasi reverente, e aspetta il cenno:
      - Favella, sciagurato: uom con più caldoFervor non brama tue discolpe.


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Poesie scelte
di Silvio Pellico
Edizioni Buadry Parigi
1840 pagine 149

   





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