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      A questo senso di ripugnanza balzai, e mi arrampicai di nuovo fino al gradino superiore della scala. Là cercai di restare in piedi il più che potei; poscia, come io sentiva il sangue danzare un'ardente pirrica nelle vene, e la vertigine mi trascinava ad onta della tranquillità perfetta del mio spirito, sedetti.
      I sorci, i rospi, le lucerte, che so io? si davano una festa od una battaglia nel torace dello scheletro. Gridavano e si divoravan l'un l'altro. Dei rettili più timidi strisciavano ai miei piedi. I gradini della scala erano lubrici per l'umidità. Tutte queste cose schifose non mi lasciavano dimenticare che avevo fame e sopratutto sete. La mia gola sembrava accesa, la bocca era secca come le foglie del deserto. L'anima fe' prova di domare il corpo; poi vi rinunciò. Io pensava freddamente, mentre tutto il mio individuo bruciava. Cosa strana! nelle situazioni difficili è il passato che ci accascia, e l'avvenire che ci sorride. Io non aveva nulla per altro che dovesse inquietarmi molto, nessun rammarico e nessun rimorso. A ventitrè anni non si hanno a contare che i piaceri gustati. Tutt'al più delle pene d'amore. E io non aveva neppur queste.
      Avevo lasciato a vent'anni Roma, ove dei maestri greci avevano perfezionato la mia educazione. Avevo viaggiato, tornando a Gerusalemme, in Grecia, in Egitto, nell'Arabia, nella Fenicia, in tutta l'Asia, infine, a traverso le cortigiane, le feste, le corti, le avventure le più deliziose, avendo un corpo d'acciaio cesellato in forma di donna.


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Memorie di Giuda
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1883 pagine 551

   





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