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      A Tiberiade, la mia parente Erodiade aveva fatto delle pazzie per trattenermi. Maria che avevo incontrata a Magdala, mi aveva, dirò quasi, rapito. Tutto ciò era gaio, rosa, trasparente, e ciò nonostante quelle memorie mi opprimevano. Il piacere s'era volto in agro. Mio padre era morto. Mia madre, sempre malaticcia e annoiata del sole della Siria, non si occupava che di sè stessa, e un poco delle mie sorelle. Ma essa fuggiva i dispiaceri come una minaccia di morte, e pensava solo alla sua persona, alla sua vita, alla sua salute, al suo ben essere. Avrebbe torto il collo allo Spirito Santo per farsene una coppa di bibita lassativa. Avrebbe appreso con eroica rassegnazione che io era in prigione.... per la causa del mio paese. Quella povera donna non odiava che i Romani, e non comprendeva che la sua Bretagna.
      Maria non aveva che a scegliere la sua consolazione, fra due: oh, povero Giuda! Tutta la gioventù di Gerusalemme le offriva questo alleviamento al suo dolore, compresi i vecchi, ed alla loro testa il sagan.
      Perchè dunque io mi sconfortavo al ricordare mia madre e Maria? Le tenebre, la fame e la sete si stemperano e stingono sull'anima: la stoffa resta l'istessa; il colore s'insudicia. Cosa potevo io temere dall'avvenire? La morte sulla croce e nel circo. A ventitrè anni questa sorte era lugubre, quando la società e la natura hanno fatto di tutto per seminarvi la via di felicità. Eppure io non me ne spaventava. Al posto della croce io vedeva quella Romana, di cui avevo salvato la vita, che dettava la sentenza dietro la sedia curule di suo marito; nel circo, io vedeva quella donna misteriosa che si mischiava a tutti i miei sogni e avviluppava le mie memorie e le mie speranze.


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Memorie di Giuda
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1883 pagine 551

   





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