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      Le schiave ci versarono nell'istesso tempo dei vini di Cadice e di Sicilia, fluidi come l'olio, dolci come il mele, e che insinuavano la febbre e la vertigine nelle vene. Quelle bellezze così perfette che mi passavano dinanzi agli occhi, quei tesori di voluttà divine che sfioravano le mie labbra, abbagliavano il mio sguardo, che io sentiva fremere; quella Claudia di cui l'alito mi bruciava quando si voltava verso di me; tutto ciò m'immergeva in una tale ebbrezza, mi ravvolgeva in un tal turbine di passioni, mi dava tali stordimenti, tali spasimi, che io mi sentiva svenire. Le tinte si succedevano sul mio viso come i lampi in una notte di tempesta.
      Un momento mi tenni per perduto. Avevo già commesso il fallo mortale di accarezzare colle mie labbra un riccio dei capelli di Claudia.
      Servirono tutte quelle leccornie sul nostro tavolo, mentre le schiave si abbandonavano ad una danza sfrenata. Poi ci aspersero di profumi e di foglie di rose, la cui freschezza mi temperò. Di poi, probabilmente dietro un segno di Claudia, tutte sparirono, eccettuata una schiava nera, che si sarebbe detta di marmo egiziano, tanto era bella, e che restò ritta, immobile ai piedi della sua padrona.
      Claudia, dopo ch'io le ebbi toccato i capelli colle mie labbra, non mi aveva più indirizzato la parola, non si era neppur volta dalla mia parte. Vedevo che io l'avevo offesa. Ma la confusione delle mie induzioni s'imbrogliava sempre più nel mio spirito. «Perchè quest'orgia e tanto ritegno?» mi chiedeva io. «Cosa mai vuol ella da me?


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Memorie di Giuda
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1883 pagine 551

   





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