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      La mi aveva nondimeno acchiappato un bamboccio, nella ubbriachezza, in una di quelle notti d'inverno in cui, a mancanza di meglio, la moglie ti serve di stufa. Quel marmocchio era grazioso: non mi rassomigliava punto. A due anni, beveva già del vino, rosicava dei peperuoli intossicati, e mordeva sua madre. Mia moglie era sempre stata malaticcia. Non si pensa ella ora di cadere proprio ammalata? Era cardatrice di mestiere. Obbligata di porsi a letto, fece venire una figlia di suo fratello per assisterla, ed attendere al bimbo. Un giorno, infatti, o meglio una sera, rientrando, trovo una ragazza buona a portare un marito, ed un amante per soprassello, la quale mi accosta timidamente, e mi prodiga dei «barba mio» ad ogni motto. Non osservai punto quella tosa. Ho saputo di poi che il mondo la trovava bella.
      - Non la vedesti dunque?
      - Io la vidi al contrario, per un anno o due, ma non la guardai mai. Quell'oggetto delicato, bianco, diafano, sfuggiva al mio sguardo abituato ai grossi selvaggiumi notturni. Per finirla, mia moglie morì. e mi lasciò sulle spalle il marmocchio coll'appendice di quella ragazza di cui io non sapeva che farmi. Una circostanza mi cavò d'imbarazzo, e mi porse il modo d'utilizzarla.
      - Hai così poca immaginazione tu, di non trovare un mezzo d'utilizzare una fanciulla?
      - Non ridere, Giuda: n'ebbi ripugnanza. Vi sono dei pregiudizii che si piantano nell'animo come degli uncini di ferro, e si ha un bel fare, non s'arriva a svellerli. La mia piccola, che come sua madre si chiamava Mirjam, andava tutte le sere a cercar l'acqua alla fontana del Dragone in una giara che portava sulla sua spalla dritta.


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Memorie di Giuda
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1883 pagine 551

   





Giuda Mirjam Dragone