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      - Ida, mi prometti di ricordarti allora di me!
      - Si ricordano i morti, o giovane, ma i morti, essi, non ricordano più.
      Ida lasciò la stanza. Passando per la corte, dissi a Moab:
      - Avresti fatto meglio di uccidermi sulla soglia.
      - Io ti aveva prevenuto, mi rispose con voce accasciata.
      I quindici giorni che seguirono questa scena non contano nella mia esistenza.
      Fuggii a Gerico. Mia sorella che m'amava tanto, che m'aveva fatto giuocare sulle sue ginocchia quando ero bimbo, che mi era stata quasi una madre, la mia povera sorella fu spaventata dal mio stato. Ella mi credette talvolta pazzo, talvolta stupido. Poi, ebbi la febbre ed il delirio. Chi non ha avuto una simile crisi nella sua vita? Tanto peggio per queglino che non l'ebbero mai. Finalmente mia sorella entrò nella mia stanza, un mattino, spaventata, e con voce concitata mi disse:
      - Giuda, un corriere da Gerusalemme.
      - Che mi vuol egli?
      - Porta una lettera.
      - La dia....
      - È venuto a cavallo, e viene dal palazzo d'Erode.
      - Dal palazzo d'Erode, o dall'inferno, per me è tutt'uno. Dove è la lettera?
      - Eccola.
      L'aprii macchinalmente. Era di Claudia, e diceva:
      «Giuda, ho il cuore morso da un sospetto. Conducimi subito il tuo messia, dovessi tu farlo trascinare dai soldati. Ho d'uopo di consultarlo, ad ogni costo. Presto, presto, presto.
      «Claudia.»
     
     
     
      XIX.
     
      Il Rabbì di Nazareth lasciò la Galilea la notte stessa che avemmo il colloquio in casa di Maria.
      In meno di dodici ore, egli aveva traversato la crisi fatale della sua vita. L'attitudine del popolo nella sinagoga, l'aveva scosso la mattina; la prospettiva dell'immenso orizzonte che io aveva spiegato innanzi ai suoi occhi la sera, lo aveva deciso.


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Memorie di Giuda
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1883 pagine 551

   





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