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      Ventidue ore della sua giornata erano un desiderio ed un preparamento a quelle due ore di beatitudine che passava col triste e cupo Romano. Ella cominciava a perder la speranza di vederlo in quella notte; la tempesta sfrenata metteva a soqquadro il cielo; l'ora ordinaria era scorsa. L'arrivo di Pilato le parve dunque una doppia festa. Ma appena fu egli penetrato nei raggi di quella camera da letto rischiarata vivamente, ella indietreggia colpita dall'aspetto di lui. Era orribilmente pallido, aveva gli occhi stravolti, gli abiti coperti di sangue, il braccio ferito, Ida gettò un grido. Pilato quella volta non le rese le sue carezze; non la calmò. Sedette, o meglio si lasciò cadere affranto sopra dei cuscini, e piegò la fronte fra le mani, sulle ginocchia. Ida corse a lui.
      - Dio mio, Dio mio, cos'hai? gridò essa.
      Pilato si alzò d'uno sbalzo, e baciandola in fronte le disse:
      - Tranquillizzati. Questa notte hai d'uopo di tutta la tua calma. Vengo ad annunziarti una disgrazia.
      - Che! non m'ami più? sclamò Ida tremante.
      - Peggio ancora, Ida.
      - Impossibile. Ma parla dunque, parla, Dio buono.
      - Ida, non ho che alcuni istanti a darti, e darei la mia vita, per diminuirti l'amarezza. Ma non posso più nasconderti il vero senza disonore.
      Ida gettò le braccia al collo del suo amante, e con voce soffocata, balbettò:
      - Parla.
      - Ida, io ti lascio.
      - Come? tu mi lasci?
      - Ida, amo mia moglie.
      Le braccia d'Ida si sciolsero a poco a poco, un gemito sordo si sprigionò dal suo petto, e cadde al suolo fulminata.


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Memorie di Giuda
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1883 pagine 551

   





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