Pagina (327/551)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Ma potrai tu riposar tranquillo le tue notti, quando avrai gettato questa povera figlia sul lastrico, forse in mezzo a quelle disgraziate che portano la testa coperta ed il corpo nudo, agli angoli delle strade? Se io avessi un ricovero, io non sarei qui, non ti parlerei supplicante come fo. Ma il mio covo, il mio, gli è quello da cui scaccio nel deserto la tigre ed il leopardo. Posso io condurre quella povera creatura in quell'inferno? Non ho un pezzo di pane, vivo di radici, di locuste, di qualche lappata di mele che disputo alle vespe. Posso nutrire quell'essere delicato di queste immondizie? Non so lavorare. Il mio mestiere è di pregare, di far del bene, di fulminare il vizio, d'amare il mio paese, di detestare e combattere lo straniero. Varrebbe meglio forse coltivare la terra. Nol so. Ma è troppo tardi per tornare a ciò. E poi non è di questo che ora si tratta. Pensaci! cosa diverrà Ida una volta partita da Berachah? Pilato non ascoltava più Moab, forse non lo vedeva più. Passeggiava a passi concitati, e parlava a se stesso.
      - Ecco gli amori eterni! L'eternità d'una donna, della più innamorata, non è dunque che quindici giorni? Come! il suo viso è ancora rosso dell'alito mio! i miei baci aleggiano ancora sulle sue labbra, le sue pupille riflettono ancora il mio viso, e già, già! ella apre le sue braccia ad un altro uomo! Puh! Ebbene, no; io non coopererò a questa infamia. La prostituzione di questa ragazza principierebbe nel giorno delle sue nozze.
      - Pilato, non dir ciò. Gli è male ciò che tu pensi, e ciò che vuoi fare.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Memorie di Giuda
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1883 pagine 551

   





Ida Berachah Moab