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      Il Rabbì chiamava i suoi nemici dei sepolcri.
      Le due sorelle di Lazzaro, trovandosi dunque sole con quel cadavere, elleno che erano forse di già noiate di quel vivente collerico, inquieto, rabbioso, irritabile, egoista come tutti gli ammalati, si affrettarono a sbarazzarne la casa.
      Lazzaro aveva vicino alla sua dimora una grotta, la quale poteva servire al bisogno da cantina, da stalla, o da sepolcro, protetta contro le intraprese dei cani e delle bestie feroci da una pietra appoggiata alla sua entrata. Marta e Maria avvilupparono il loro fratello in un sudario, l'attorniarono di coperte e lo deposero in quello speco.
      - Se Lazzaro è morto definitivamente, dissero a sè stesse, e' resterà nella sua tomba; se non è che semplicemente caduto in letargia, come cento altre volte, non avrà che a respingere la pietra della chiusura ed uscire.
      L'operazione del sequestro del corpo di Lazzaro compiuta, i vicini, gli amici, principiarono a venir a visitare le due sorelle per consolarle. Maria, la vaneggiante, conversava con loro, mentre Marta, la massaia, prendeva cura nel giardino dinanzi l'uscio, dei cani, delle pecore, dei colombi, e dei polli.
      Verso la sera del secondo giorno da che avevamo lasciato Bathabara, Marta era occupata nel giardino in queste faccende, quando ci scorse da lungi e riconobbe il Rabbì.
      Si precipitò al suo incontro, e gli raccontò tutti gli incidenti della morte del fratello. Il Rabbì si turbò e sospirò. Marta lo lasciò e andò ad annunziare secretamente il di lui arrivo alla sorella.


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Memorie di Giuda
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1883 pagine 551

   





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