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      - Sei almeno felice ora? gli domandò Ida con un accento di sensibilità e di tenerezza infinita.
      Pilato esitò un momento a rispondere - è lui stesso che me lo disse poi - indi esclamò:
      - Come un uomo che dopo aver delibate le aurore profumate della primavera sotto il cielo della Campania, nel golfo di Baia, si trova trasportato, in pien meriggio, sotto il sole di luglio nelle pianure della Siria. Il sole è bello, splendido, ma brucia ed uccide.
      - Il mio amore, gli disse Ida, non ebbe che uno scopo: consolarti dei tuoi misteriosi dolori. Conosco ora questo mistero. Nato dalla compassione, quell'amore non poteva essere che puro e santo. Esso lo fu. Io non ho rimorsi. Il tuo abbandono non è che una cessazione di gioia. Ebbene, si prende l'abitudine del silenzio, della solitudine, del dolore. Tutto ciò ha ancora delle ebbrezze, quando si può dirsi: ho fatto del bene. La macchia che io aveva gettata sulla mia famiglia è lavata: essa mi ha ripudiata. Mia madre, la mia stessa madre non ha voluto rivedermi. Ma la mi ha perdonato; ciò mi basta. Io non tengo più a nulla in questo mondo. Posso partire o restare, cadere o rialzarmi, senza che un occhio amico mi segua, che un pensiero s'attacchi a me. La povera mosca ha preso il volo: essa appartiene oramai allo spazio ed alla natura ingannatrice.
      - E se io osassi dirti: Ida, spera! sospirò Pilato scosso profondamente.
      - Ti risponderei, replicò Ida, che non ne ho più di bisogno. Chi si preoccupa del domani ha d'uopo della speranza - questo fiore avvelenato.


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Memorie di Giuda
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1883 pagine 551

   





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