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      Malgrado ciò Pilato mi riconobbe e mi venne incontro.
      La sua prima parola fu pel mio amico. Un sospiro doloroso sfuggì dal mio petto. Mi dimandò di visitarlo. Gli risposi di affrettarsi poichè le ore di quel disgraziato erano contate. Pilato non fece neppur un'allusione a sua moglie. Il nome solo di Claudia mi dava i brividi. Pilato mi confidò ch'egli non voleva vivere a Roma, ove ad ogni momento si urtava a memorie che l'oltraggiavano, e che partiva tra pochi giorni per la Spagna, per il suo bel paese d'Hispalis (Siviglia) ove andava a fissare la sua dimora con i suoi due figliuoli.
      All'indomani, Pilato venne a trovarci.
      Era tempo.
      Avevamo una piccola casa sul monte Esquilino con un bel giardino sul di dietro.
      Era il principio di maggio, all'ora quarta. Una giornata splendida; il sole era in festa. L'aria ripiena di canti e di profumi; la terra dei fiori. Sotto un piccolo portico che copriva il ballatoio dei gradini del giardino, sopra dei cuscini, avviluppato di coltri giaceva un ammalato. Noah se ne stava dietro di lui, e mia sorella di fronte avendo alle mani una coppa con non so che cervogia.
      Il mio amico moriva di consunzione.
      Aveva voluto vedere il sole per l'ultima volta e spirare guardando il cielo.
      È sì triste morire fissando un soffitto di legno!
      Da tre anni, il mio amico deperiva. Era sempre malinconico, sovente cupo. Non sorrideva più. Parlava pure raramente, evitando ogni memoria del passato. Non volle vedere nessuna delle sue antiche conoscenze. Solo Maria di Magdala gli scrisse tre o quattro volte, implorando che la lasciasse venire a raggiungerlo a Roma.


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Memorie di Giuda
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1883 pagine 551

   





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