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      - Proprio nulla, signora, replica il mio vicino. Ciò sarebbe più economico! I dispacci telegrafici bastano. Ma continuiamo la nostra giornata. Ed io vi fo grazia del lavoro negli uffici. Tre ore assise per udire un notaro che parlavi di ferrovie, un medico che discute di enfiteusi, un canonico che spippola cannoni rigati! Ah! io preferirei un manigoldo che mi descrivesse le gioie e le glorie del paradiso! Ma eccomi là a gittar qualche appunto sulla carta per il discorso che debbo improvisare nella seduta. Un usciere arriva. Un signore mi domanda, io interrompo il mio lavoro e vo fuori. Gli è un qualcuno il quale viene a pregare umilmente la mia signoria illustrissima di andare a posare da un fotografo.
      - Ma io non ho mica desiderio di farmi ritratto, io - dico io.
      - -Ah! signore, il pubblico lo desidera! insiste qualcuno.
      - Il pubblico è ben cortese e ben curioso, signore! replico io.
      - -Esso ha sete dei suoi grandi uomini, signore. E come la S. S. Ill....
      - Comprendo, caro, dico io sorridendo, voi volete far quattrini del mio sgorbio. Sia pure.
      Quel cotale mi conduce in non so che sito. Il fotografo mi accomoda a modo suo. Mi ferma la testa in un mezzo cerchio di ferro, onde io non muovami. Mi si prega di restare immobile; e, di botto un grande occhio nero e lucido si divarica dinanzi a me, che divora la mia persona. Quell'occhio fascinatore, vampiro, mi dà il brivido - io resto come preso. Tutto ad un tratto, una testa sbuca fuori di sotto di un panno verde, all'altra estremità dell'occhio ironico che mi aveva fissato per due minuti, e quella testa soddisfatta sclama:


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I moribondi di Palazzo Carignano
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Perelli Milano
1862 pagine 170

   





S. Ill