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      Era situata all'estremità del villaggio. Non c'erano vicini. Delle colline sovrapposte una all'altra, sfrangiavano l'orizzonte azzurro. Era il mese di maggio: gli arbusti, gli alberi, i fiori delle aiuole che circondavano la casa, tutto cantava, ed attirava gli sguardi sotto i baci della primavera.
      Dopo aver chiuso a chiave la porta, mio padre andò a chiuder pure la finestra. Mia madre accese due candele. Io guardavo, ritto sulla soglia dell'uscio. Non una parola durante tutto ciò. Si udivano gli ultimi gridi della rondinella che accelerava la costruzione del suo nido. Mio padre aprì un vecchio cassettone, vicino al cammino, e ne cavò due spade, due sciabole e due pistole. Le spade erano due fioretti che servivano per le mie lezioni di scherma, e ch'egli nella giornata aveva aguzzati. Depose quegli oggetti sul tavolo, ove mia madre aveva messo i due lumi, stringò solidamente i suoi calzoni, e rialzò le maniche della camicia, la quale, aprendosi sul petto, lasciò vedere due cicatrici di ferite prese al servizio dell'Austria.
      - Avrei diritto di uccidervi, disse egli al colonnello; vi faccio l'onore di battervi con me, e vi lascio il vantaggio di sceglier le armi e di tirare pel primo.
      Il colonnello comprese finalmente. Egli conosceva la tempra di mio padre, e se lo vedeva li dinanzi, rizzarsi come un colosso, inflessibile, solenne come il diritto. Si guardò intorno: nessuno scampo. Fissò il suo sguardo sullo sguardo immobile e senza collera di mio padre. Non c'era grazia da sperare.


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Le notti degli emigrati a Londra
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1872 pagine 346

   





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