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      Petöfy montò sopra un tavolo, e li lesse. La pioggia cadeva a torrenti: la folla resta immobile. Coi dodici articoli si domandavano tutte le libertà, la eguaglianza dinanzi la legge, l'abolizione dei privilegi, l'autonomia dell'Ungheria, avente il suo re, imperatore a Vienna. Si esigeva che i soldati ungheresi non fossero inviati all'estero, e che i reggimenti stranieri fossero allontanati dal paese. Le acclamazioni della folla divennero frenetiche. Per la folla, come pei bambini, il grido è una forza. Petöfy lesse allora la sua poesia.
      Petöfy aveva appena ventiquattro anni, una piccola statura, un viso magro rischiarato da due occhi neri e risplendenti, l'aspetto fiero. Si lasciava accostare difficilmente. Vestiva da contadino e non portava mai cravatta. Tutti lo conoscevano; lo si amava e lo si detestava eccessivamente. Egli era fiero, brusco, brutale nella sua franchezza, democratico intero ed assoluto, coraggioso fino alla storditezza. Bem, più tardi, lo prese per aiutante: erano degni di essere amici. Vi racconterò in seguito come morì. La poesia che egli lesse è intraducibile. Abbiatene il riflesso - il riflesso del sole delle regioni boreali nell'inverno.
     
      Della patria al santo appello,
      O Magiari, orsù sorgete;
      Esser schiavi od esser liberi
      È in poter di voi: scegliete.
      Nel tuo nome, o Dio degli Ungari,
      Noi giuriamo,
      Noi giuriamoL'empio giogo di spezzar.
     
      Questa strofa fu la miccia che mette il fuoco alla mina. Una voce immensa, la voce di tutto un popolo, scoppiò nel grido: Lo giuriamo!


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Le notti degli emigrati a Londra
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1872 pagine 346

   





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