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      I camini di qualche opifizio fumano. Le macchine idrauliche strepitano. I torrenti mugghiano. Noi voliamo attraverso tutto ciò, senza prender fiato, senza allentare il galoppo; ci arrampichiamo sui vertici come aquile, sprofondiamo negli abissi come valanghe, così sicuri come se percorressimo i viali di un parco. Il postiglione, i cavalli il veicolo, hanno un'anima sola - un'anima che sfida l'audacia stessa. Ah, se io fossi poeta, che inno! Ah, se io fossi trovator di armonie, che fanfara!
      Gli Urali son valicati: siamo a Khaterinenburg, ai piedi del versante opposto, il versante orientale: siamo in Asia, siamo in Siberia! La città ha qualche bell'edifizio: la zecca, lo stabilimento della direzione delle mine, l'arsenale ove si fondono cannoni e fabbricano armi, la dogana... Vi è grande movimento industriale e commerciale: forni, opificii, officine di pietre preziose, lavatoj d'oro e di platino... che mi importa tutto ciò? Io non sono più un'anima.
      I lineamenti del Siberiano sono regolari, ma pallidi. Non si resta chiusi impunemente per otto mesi dell'anno in camera riscaldatissime, poco o punto aereate.
      Poi di nuovo la pianura. Passiamo l'Isset, poi la Tura, sulla quale si stende Tiumen. Mi disponevo a discendere dalla kibitka per pranzare, mentre si cambiavano i cavalli, quando scôrsi alla porta dell'albergo della posta parecchi uffiziali russi. Mi riassisi. Essi osservavano(22) i miei movimenti, e chiesero ai gendarmi chi mi fossi.
      - Uno sventurato, risposero i gendarmi, un Polacco condannato politico.


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Le notti degli emigrati a Londra
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1872 pagine 346

   





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