Pagina (201/346)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      La tenda fu spiegata, il veicolo raggiustato. Faceva un freddo di 35 gradi, almanco.
      Scalammo la ripa a sinistra, la più bassa, ed andammo a cercar dei bruscoli. Le renne ci seguivano. Mentre che Metek trasportava il legno ed allumava il fuoco, e che Cesara si occupava del desinare, io restai per sorvegliare le renne e cacciare. Rimuginando nel selvatico dai cespi intrecciati di ginepri e salici, scoversi sul nevischio gelato della notte precedente una pesta, che mi arrestò. Era il piede di un animale della famiglia dei cervi, che aveva gironzato per là: - forse - mi dissi - una delle nostre renne perdute. Presi a seguire la traccia. Ben presto, Metek mi raggiunse. Era difficilissimo procedere; il chiarore insufficiente limitava la portata dello sguardo. Ma le peste si seguivano. La speranza di una bella preda ci diede lo slancio. Penetrammo sempre più nella macchia, Metek avanti, io dietro a lui. A un tratto, Metek fermossi, e per di dietro fecemi segno colla mano di fermarmi altresì. Guardammo. A un tratto, un alce sbuca da una specie di cespuglio di rododendri e di piante fanerogame, di cui sbioccolava i tralci gelati. I nostri due colpi partirono ad un tempo. L'alce cadde.
      Questo bello antilope è al presente rarissimo in questa contrada. Una provvigione così inaspettata e felice ricolmocci di gioia. Ci mettemmo a modo di trascinarlo all'accampamento. Ma come caricare le nostre povere renne di questo soprappiù di peso? Esse avevano già tanta pena a camminare, sia per il freddo, sia per l'insufficienza del nutrimento.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Le notti degli emigrati a Londra
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1872 pagine 346

   





Metek Cesara Metek Metek Metek