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      Essi rincularono nella loro prima posizione.
      - Se ne andranno? domandai io.
      - Eh! non ancora, rispose Metek; essi hanno troppa fame.
      Infatti, ritornarono alla carica, ma con minore ardore, e solamente, si sarebbe detto, per l'onore della bandiera. Sicome io non voleva sciupare la mia polvere, ora che vedevo la vittoria quasi assicurata, mi accontentai di appoggiare la canna del mio fucile al fianco dell'orso che era dal mio lato e proteggere la sua epa. Metek, che comprese la mia manovra, fece altrettanto. Gli orsi, d'altronde, non avevano pių bisogno di noi. Essi sostennero il secondo assalto con la medesima bravura e la medesima fortuna. I lupi retrocessero: gli orsi caricarono alla loro volta. Era finita. Dieci minuti dopo, non restava pių intorno a noi che delle carcasse. Ma la mia disperazione non aveva limite.
      La morte delle nostre renne era la nostra morte. Noi non osavamo neppur parlare. Non avevamo pių freddo, non avevamo pių fame: Dio ci schiacciava. Il ritorno degli orsi venne a formar diversione alla nostra agonėa.
      Essi non sembravano avvedersi di noi. Si misero senz'altro a divorare i loro nemici morti.
      L'orso, in questa stagione, si trincera di ordinario nel campo fortificato, ch'e' si prepara per irrigidirsi nella sonnolenza e restare cosė sino alla primavera, senza mangiare, pacifico, inoffensivo. Perchč questi due orsi si trovassero cosė sulla nostra via, era stato mestieri che qualche cacciatore li avesse stanati e non uccisi. Gli urli dei lupi li avevano attirati al sito della zuffa.


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Le notti degli emigrati a Londra
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1872 pagine 346

   





Metek Dio