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      Mi riposai sulla collina solitaria, vicino alla tomba di mia madre, e piansi caldamente la sua perdita.
      - Chi piange per me lassù? chi passa sulla collina?
      - Son io, madre mia amorosa, io abbandonata in questo mondo, io orfana miserevole. Chi pettinerà oggimai le mie lunghe trecce? Chi laverà le mie guance? Chi mi dirà una parola carezzevole di amore?
      - Torna alla tua dimora, figliuola mia; là un'altra madre, più felice di me, ornerà la tua fronte coi tuoi capelli, spanderà l'acqua sul tuo bel sembiante; là un giovane sposo ti sussurrerà delle tenere parole che calmeranno il tuo dolore
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      L'effetto di questo canto fu magico. Forse fu anche la potenza magnetica dello sguardo, di cui i Siberiani(31) attestano l'efficacia infallibile sull'orso. Il fatto è, che il bruto cessò di dondolarsi, si avvicinò passo a passo, quasi strisciando, verso la cantatrice, e fregò il suo muso alle pellicce di Cesara.
      Ciò si fece come in un lampo.
      Metek passò al collo dell'orso un collare delle nostre renne, l'annodò alla slitta, caricò i due quarti di dietro delle nostre povere bestie sui pattini della predella, ove egli appoggiava i suoi piedi, e punse l'orso, incitandolo a mettersi in cammino. Non era il momento di pensare al riposo, nè al pranzo, nè al freddo, nè a che che sia. Bisognava profittare dell'ammaliamento del difficile melomano. La malìa però non durò lungo tempo.
      L'orso, sentendo il suo collare e la puntura dello zenzero, si rivolse con aria costernata e stupefatta verso Metek. Questi lo fissò con tutta la potenza dei suoi occhi vivi e grigi, e, scuotendo le redini e rinnovando il pungimento, emise un suono gutturale che risuonò nello spazio.


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Le notti degli emigrati a Londra
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1872 pagine 346

   





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