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      Un nugolo di freccie fischiò allora intorno a Metek, che saltò di botto dalla predella della slitta, e prese il fucile. Io pure uscii fuori. Cesara si alzò, tenendo in mano i due revolver muniti di capsula per passarceli. I due colpi di Metek ed i miei partirono insieme. Quattro briganti caddero supini. Gli altri non pensarono a continuare la lotta: si gettarono sulla narta ancora attaccata ai cani, e scomparvero. Noi scaricammo sopra di loro i revolver, ne ferimmo forse taluno, ma il più chiaro della disgrazia era questo: avevamo perduta la narta, caricata della parte più considerevole delle nostre provvigioni.
     
     
     
      XI.
     
      La perdita era irreparabile. Non avevamo salvo che il pemmican, e fortunatamente il calderino, la lamina di rame, l'accetta... ed altre piccole provvigioni nel fondo della slitta. Ma che dar a mangiare ai cani?
      - Ho di che nudrirli per tre giorni, mormorò Metek. Noi cacceremo. Siamo in un paese che abbonda di renne selvagge, argali, orsi, che stanno per isvegliarsi presto e ci daranno, se Dio vuole, non poco travaglio. Frattanto giungeremo alle sponde de l'Anadyr.
      - L'Anadyr non è una città, dissi io. Ed una volta colà, abbiamo ancora circa mille verste di fiume da discendere. Quanto ad Anadyrskoi-Ostrog, non voglio approssimarmivi.
      - Nondimeno, soggiunse Metek, noi non possiamo restar qui. Saremo inseguiti. Questa notte bisogna viaggiare.
      - Ma i cani sono sfiniti.
      - Vado a regalarli, disse Metek.
      Io vidi allora, con forte fremito, ch'egli, preso il coltello, andò a tagliare quanta più carne potè dalle parti più polpute dei cadaveri dei briganti.


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Le notti degli emigrati a Londra
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1872 pagine 346

   





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