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      Cesara si accocolò presso il fuoco. Le spine stesse cominciavano adesso a divenire più rare.
      Uscimmo dunque a caccia. Due ore dopo, la yurta dei Tsciuktscias si offrì ai nostri sguardi. Corremmo. Era vuota! Ma le ceneri del focolaio vi erano calde ancora: il che significava che l'abitante era assente, o aveva cangiato di posto il mattino. Il nostro dubbio non si prolungò di molto. Poco dopo, due donne, cariche di bruscoli di rododendro, arrivavano al casolare. Elleno si mostrarono alquanto spaventate della nostra presenza: Metek le rassicurò. L'uomo loro cacciava, e non arriverebbe che a sera. Vicino alla yurta stavano due piccole slitte. Era dunque evidente che lo Tsciuktscia possedeva o aveva posseduto delle renne. Anche questo dubbio fu presto rischiarato. Alla domanda di Metek, la donna confessò che essi avevano dieci renne, forse le stesse vedute da noi qualche giorno innanzi.
      Volendo ad ogni costo parlare all'abitante di quel luogo, cacciammo, aspettando l'ora del nostro colloquio con lui. Uccidemmo una volpe, due corvi, una grue, rarissima in quella stagione, e in quelle contrade. Io ritornai alla tenda, correndo. Metek ritornò alla casipola per parlare allo Tsciuktscia. I miei abiti erano umidi di traspirazione: li cacciai sotto la neve, che assorbì l'umidità e me li rese secchi come se uscissero di un forno.
      Metek non riuscì nella commissione, in questo senso, che l'indigeno dimandava, in cambio delle tre renne cui consentiva cederci, del tabacco di Tsciuktscia(39), fortissimo, o dell'acquavite di cui noi mancavamo affatto.


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Le notti degli emigrati a Londra
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1872 pagine 346

   





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