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      Aggiogammo, come potemmo, cani e renne, e partimmo la notte stessa. Un'aurora boreale ci aiutò a tirarci dal letto dell'Anadyr, per evitare lo sdrucciolo a picco di una delle sue cascate gelate.
      Il resto del viaggio si compiè senza accidenti umani, ma le difficoltà naturali ci opposero ancora mille ostacoli. Li superammo tutti finalmente, ed il 7 di marzo 1866 ci arrestammo all'imboccatura della Krusnaia, uno degli affluenti dell'Anadyr, a 300 verste dal mare.
      Ci riposammo in quel sito. La contrada era divenuta sempre più selvatica. Gli alberi erano interamente scomparsi, la selvaggina presso a poco. Tenemmo consiglio. Bisognava continuare, od aspettare quivi lo scioglimento dei ghiacci?
      Dopo aver bene riflettuto, pesate tutte le probabilità, considerati tutti i casi, ci decidemmo ad avanzare fino al sito, ove l'Anadyr cessa di essere fiume e diviene la baia di Onemene. Il 13 marzo, infatti, eravamo nel paese abitato dagli Tsciuktscia-Onkiloni, Tsciuktscias sedentari, mentre i nomadi,i Tsciuktscias a renne, sono accampati nella parte montagnosa della contrada, al nord-ovest del mar Glaciale.
      Per quale considerazione mi era io deciso a recarmi in questa contrada, piuttosto che sulle sponde del mar Pacifico, o nella Cina, traversando il deserto?
      Per le seguenti principalmente:
      Io dovevo incontrare meno agenti russi sulla mia via; questa via, nel verno, era quasi sempre letto di fiumi e superficie di laghi gelati; arrivato nel golfo di Anadyr, io aveva tre probabilità di salvamento: o traversando durante l'inverno, in slitta, gli ottantaquattro chilometri che separano l'Asia dall'America, il capo Orientale dal capo del Principe di Galles, vale a dire lo stretto, come fanno ogni anno gli Tsciuktscias, che si dedicano al commercio; o, traversando lo stretto durante l'estate, approdare all'isola delle Spezie, e recarmi di là nell'America russa, come fanno nelle loro cattive baydares gli Tsciuktscias, intrepidi marini; ovvero io poteva, arridendomi la fortuna, trovare un baleniere americano od inglese, venuto alla pesca della morsa, dell'orso bianco, del vitello marino e della balena, abbondantissimi in que' paraggi alla rottura dei ghiacci.


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Le notti degli emigrati a Londra
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1872 pagine 346

   





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