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      L'ho detto: non incontravamo più selve; bisognava andare alla ricerca dei tronchi trasportati dai flutti, che arrivano persino dalle coste di America.
      Metek ritornò dopo sei giorni di assenza, seguito da un Kamakay, il capo di una tribù di Tsciuktscias, della baia di Notchene, e da due altri indigeni, in due slitte. Mi portarono in regalo una foca. Metek li aveva completamente rassicurati sulle mie intenzioni pacifiche, confermate, del resto, dalla mia posizione. Egli aveva detto loro che io non veniva per assoggettarli o cacciarli da quella contrada; che io era un inviato dello Czar bianco; che i ladri ci avevano spogliati delle nostre narte, ove erano le provvigioni ed i regali di tabacco e di vetrerie, che io portava loro; che la mia missione era di disegnare il paesaggio di queste coste desolate.
      Ora, e' non avevano compreso questa singolare missione. Venivano quindi ad assicurarsi coi loro occhi della verità del racconto di Metek. Il Kamakay si chiamava Ethel.
      Non volendo espormi ad uccidere altri Tsciuktscias, nè esporli a rinnovare l'attentato infame che avevo punito, ricevei i miei visitatori fuori della tenda, dicendo che mio fratello era molto malato. Il Kamakay sembrava imbarazzato. La nostra storia, i nostri disegni non gli parevano troppo chiari. Per cancellare ogni cattiva idea dalla sua mente, io entrai nel pologhe, e ne uscii con un album e delle matite. Mentre io parlava, e Metek gli spiegava bene o male le mie parole, io schizzai il paese che ci circondava ed il ritratto di Ethel, perfettamente riesciti.


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Le notti degli emigrati a Londra
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1872 pagine 346

   





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