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      Il sole lanciava di già raggi porpurei che coloravano tutto di tinte rosee ed animavano di uno scintillio tremolante le nappe bianche della neve, la superficie azzurra dei ghiacci. La luce scomposta dalle molecole nevose, che impregnavano l'aria, lanciavano sul fondo vaporoso una miriade d'archi-baleno. Il vento, di una violenza furiosa, animava il paesaggio. L'eco dei baratri ripercoteva gli urli del vento. La sabbia ed il polviglio della neve si levavano, si mischiavano, turbinavano, davano l'assalto al cielo. Di fronte era l'Oceano che rompeva la sua camiciuola di forza con un ululato terribile. I campi di ghiaccio voltolavano, correvano alla deriva, s'incontravano e si precipitavano gli uni sugli altri con una demenza che atterriva. Il masso affondato scompariva negli abissi, inzaccherando tutto della sua schiuma furibonda; ma poco dopo e' risaliva a galla, lordo di limo verde e di sabbia, per ricominciare la lotta, avendo ripreso forza al contatto dei fondi desolati. L'immensa stesa immobile entrava, a sua volta, anch'essa in furore, si metteva in moto di un sol pezzo, di un sol tratto, brontolava sordamente e poi terribilmente, si screpolava, si fiaccava, e delle montagne, sollevate dalle onde, portate sul loro dorso, solcavano lo spazio, spruzzavano verso il cielo come raggi. Il flutto corrucciato del suo lungo imprigionamento, del suo lungo silenzio, della sua lunga impotenza, era terribile adesso ed invadeva lo spazio, borbottava, gridava, correva, rovesciava, rompeva, polverizzava, urtava, distruggeva.


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Le notti degli emigrati a Londra
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1872 pagine 346

   





Oceano