Pagina (309/346)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Ma, alle undici della sera, non vi era più un'anima in piedi a Belvedere.
     
     
     
      IV.
     
      Io andavo in casa di un amico - un liberale, un repubblicano di ieri l'altro.
      Don Francesco era uno dei caporioni del paese ed abitava una specie di palazzotto, all'estremità della cittadina, sulla via scoscesa che conduce al mare. Arrivati dinnanzi la sua dimora, le mie due guardie fecero un vivo strepito col martello di bronzo della porta e con i calci dei fucili. Quella bella palazzina, tutta bianca, dalle persiane verdi e dai balconi di ferro bellamente intrecciati, tremò sotto i picchi. Un allocco, messo in croce sulla porta, scossa la testa e le estremità delle ali, come per dirci: "Andate a farvi impiccare altrove!" Una dozzina di cani risposero all'appello. Nel tempo stesso, un lume passò per un seguito di appartamenti interni e si fermò dietro una finestra che sovrastava al nostro capo. La persiana si aprì dolcemente ed una voce stridente, scappando fuori d'un viluppo di pezzuole, dimandò.
      - Chi è là?
      - Amici, rispose Spiridione, poggiando il fucile sul lastrico.
      - Amici, amici! riprese la medesima voce, accompagnata da una piccola tosse secca. Gli amici, a quest'ora, e per i tempi che corrono, hanno un nome.
      - Sì, risposi io, di' a don Francesco che il suo amico Tiberio, marchese di Tregle, è qui.
      - Zitto! sclamò di un tratto un'altra voce, uscendo di dietro la persiana ove tossiva la voce femminina. Vado a fare aprire.
      Era don Francesco in persona che aveva parlato. Un minuto dopo, eravamo dentro e si davano i chiavistelli alla porta.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Le notti degli emigrati a Londra
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1872 pagine 346

   





Belvedere Francesco Spiridione Francesco Tiberio Tregle Francesco