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      Era un informe cubo di carne: non braccia, non gambe, non collo. Una zucca popona, mitragliata dal vaiuolo, tenevagli luogo di testa. Dei mustacchi più formidabili di quelli di Vittorio Emanuele. Gli occhiali verdi nascondevano gli occhi. Le falde dell'uniforme a coda di rondine, aprendosi, mostravano i rattoppi ed i rabberci delle sue brache. Un naso lungo, molto lungo, lunghissimo, quasi altrettanto lungo che quello dell'ex Imperatrice dei francesi. Quando parlava, la sua bocca era una cascata a getto continuo.
      - Ebbene, signor marchese, eh! l'abbiamo scappata bella. Voi direte alla Camera che io ho fatto ammirabilmente il mio dovere, eh! Cosa posso fare adesso per servirvi, eh!
      - Andate a farvi..... No, prendete carta ed inchiostro, e scrivete.
      Il capitano andò giù a cercare quello che occorreva e ritornò. Io gli dettai una protesta in regola. E' scrisse.
      - Ora, gli dissi io quando egli ebbe finito, portate codesto in mio nome al giudice di pace.
      - All'istante, signor marchese. Il mio figlio vi conosce. Voi direte alla Camera che io sono un buon patriotta, eh! Come vi ho protetto! Vi bisogna altro?
      - Mandatemi tutto ciò che è necessario qui: un letto prima d'ogni cosa.
      - Vostro umilissimo servitore, signor marchese. Vi manderò da pranzo da casa mia....
      - Non andare ad intossicarmi, per lo meno, vecchio galuppo! Va, va.
      Lo spinsi.... e caddi affranto sur uno sgabello.
     
     
     
      VI.
     
      Io aveva rappresentato la mia parte, il meglio che avevo potuto; ma non nasconderò che il mio cuore andava al galoppo e che tutto mi sembrava orribilmente nero.


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Le notti degli emigrati a Londra
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1872 pagine 346

   





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