Pagina (336/346)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
      Essa si levò, si levò sempre. Io cominciai a non più distinguere il fulvo colore delle sue piume, poi i suoi membri, poi le sue ali, non ha guari come due vele latine. Essa si rimpiccioliva, si rimpiccioliva ancora. Io non scorgeva più il suo movimento, ma la vedevo perdersi nelle alte regioni, confondersi con i raggi luminosi, infine sparire affatto, fondendosi con l'azzurro del firmamento. Respirai, mi vestii e guardai al mio orologio. Segnava le quattro.
      Le quattro, e nessun cugino! Avrebbe egli dimenticato l'ora? Alle quattro e mezzo: non uno strepito nell'aria. Avrebbe egli dimenticato il convegno? Sono le cinque: gli uccelli si svegliano, il moto degl'insetti ricomincia; ma il mio cavallo non giunge. L'avessero arrestato? Alle cinque e mezzo, non c'era essere vivente intorno a me. Ciò che io almanaccava, ciò che io sentiva in quel momento, non saprei esprimerlo: era un ditirambo di bassezza, di dolore, di paure, di sospetti, di scoraggiamento, di dilaniamento che non mi farebbe stimare l'uomo, se egli fosse un essere stimabile. L'uomo in faccia di sè stesso, solo, senza l'elettricità morale che gli comunica il contatto della società, la quale mette in giuoco l'amor proprio di lui, è obbrobioso. No: e non è la fattura di un Dio!
      Ed il mio cugino? Non sarebbe egli passato prima che io giungessi, o durante il mio combattimento con l'aquila! Quel giovanetto era egli davvero mio cugino? No: e mi vendeva in quel momento. I gendarmi l'avevano arrestato.... Il vecchio prete era una spia.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Le notti degli emigrati a Londra
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1872 pagine 346

   





Dio