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      - Messere, grida Gisulfo, rammentatevi che l'insolenza delle parole sconviene a cavaliere, se pure cavaliere voi siete, e che noi non sapremo perdonare tale inverecondia come non la sopportiamo.
      - Sta bene, risponde l'altro; uditemi adesso, poi se vi piacerà regolar meco i vostri conti, non isdegnerò sollevare una maschera che per decoro non per paura mi tengo sul viso.
      - Proseguite.
      - Lode a Dio! Sappiate dunque che fra coloro i quali seguirono Roberto all'invasione di Calabria era un tal Giselberto Squassapostierle. Cavaliere senza macchia, aveva sposata una nipote di Tancredi d'Altavilla. Egli era primo alle scalate, ultimo nelle ritratte, avveduto nei consigli, disinteressato nel partaggio delle spoglie, ed amato e venerato dai soldati, i quali, alla presa di Gerace, gli dettero sopranome di Squassapostierle, perchè di un colpo di mazza sgangherò una porta di soccorso. Questo vecchio ed onorando cavaliero aveva una figliuola, una perla di figliuola, cui la madre mise a luce e morì. Il padre se l'aveva allevata sul Pavese e l'amava quanto non si può dire. Quella creatura era bella sovranamente e di una soavità di carattere che ammaliava ogni cuore. Sicchè il padre se la recava ognora da presso, custodita sotto il pennoncello della sua lancia, e della sua rotella. Ed era venuta su di quattordici anni quando si occupò Cariati. Roberto investì barone di quella piazza Giselberto, e gli dimandò la mano di Alberada, per la quale da più di un anno bruciava di fiamma forte e vereconda.


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Il re dei re
Convoglio diretto nell'11. secolo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Daelli Milano
1864 pagine 522

   





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