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      Si svegliano i neghittosi; si suonano a stormo le campane; e si dimanda del Santo. E si corre alla torre di Cencio dove si dice imprigionato o sepolto.
      L'alba rompeva. Un'alba buia, brizzolata di nebbia che il freddo cangiava in ghiacciuoli. Non sole, non risveglio di quella vita del mattino che tutto penetra, uomini e natura. Roma pareva in scorruccio. Infrattanto, una moltitudine concitata di gente, che alla torre di Cencio aveva tratto, vi stormeggiava intorno, e levava vasto ululato chiedendo il suo pastore.
      Per le feritoie e per le petriere, con forte scarica di frecciate e di sassi, e con la voce è loro intimato di allontanarsi. Il corruccio del popolo dirompe. Tutti quei curiosi, o neghittosi, o pietosi ed anche divoti, si cangiano in partigiani. Essi accostano alla torre un battifredo, protetti dai pavesi, ed intendono a travagliare le mura, forare la torre. Poi, di quella breccia il torrente trabocca dentro.
      - Il papa! il papa! gridavano taluni.
      - Che papa e papa! rispondevano altri, non ne vogliamo altri che il papa dei pazzi.
      - Uccidete quanti son dentro, sclamavano di un lato.
      - Risparmiate almeno le bestie, facevano eco da un altro.
      - Mai no, mai no, perchè allora dovreste tutti salvarli. Uccidete, bruciate - e lasciate le femmine, onde ristorare lo spirito all'allibito pontefice.
      - Date a me che possa sfamarmi di codesto Cencio.
      - Ohe! udite Stefano che vuole sfamarsi!
      - Farai magro pasto, Stefano; chè tu sei un lupo e Cencio un mingherlino non più grosso di una corda da liuto.


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Il re dei re
Convoglio diretto nell'11. secolo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Daelli Milano
1864 pagine 522

   





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