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      Quattro ore mortali Enrico ebbe il coraggio di attendere ancora quel giorno: niun messaggio del papa gli giunse. Ed era medesimamente digiuno, ed il tempo orrido al pari. Questa volta però le ore passarono più sollecite. Egli restò più tranquillo. Imperciocchè cominciò a correre con la mente l'avvenire, e vagheggiare un piano di vendette. E per tal modo vi si addentrò, e le sorbiva con tanta delizia, che, immemore e fuori di sè, disse all'arcivescovo di Ravenna che, corrucciato, lo veniva a rilevare:
      - Restiamo ancora; prolunghiamone l'agonia.
      - Sire, risponde Guilberto, gli è inutile attendere di più. Vestitevi, montate a cavallo e ritiratevi. Io compirò il rimanente. Dimani poi, cavalcheremo alla volta di Piacenza, se uopo è, e Iddio deciderà della vittoria. Questo infame portamento di Gregorio irriterà chiunque ha nel petto cuore di un uomo.
      - Infame sì, risponde Enrico, ancora stravolto e col viso scomposto, o meglio convulso, a gioia feroce, infame certo; e perciò appunto prolunghiamone l'agonia, e ricordiamogli le ore spasimate che mi fece passare a Canossa.
      Guiberto comprese che l'irritazione del pensiero ed il freddo avevano concentrato il sangue nella testa del re, e che la febbre ed il delirio lo travagliavano. Lo condusse perciò fuori le mura, ed affidollo ai cortigiani, affinchè(31) lo menassero al romitaggio e lo andassero a ristorare di un bagno.
      Due ore dopo, un cavaliere si presentava a Gregorio come parlamentario, e le porte della stanza si chiudevano.
      - Ebbene, messere, che vuol dir ciò? dimandava Gregorio con voce alquanto commossa.


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Il re dei re
Convoglio diretto nell'11. secolo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Daelli Milano
1864 pagine 522

   





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