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      Solo che ti sappi felice appieno nel tuo domestico focolaio...! Ma a pochi, o Roberto, è stata concessa la santa facoltà di amare; e questi predestinati sono infelici.
      - Sì, Alberada, a pochi fu concessa la virtù di amare con quella pienezza che mi hai amato tu. Ma quei giorni sono svaniti coi sogni della giovinezza. Se sapessi però che cosa ti potrebbe rendere contenta la vita per l'avvenire....
      - Il mio avvenire, Roberto, è scritto da lungo tempo. Quando mi discacciasti da te a Melfi io mi ricovrai in un monistero di benedettine a Grotta Minarda, e di là mi sottrasse con violenza Guiberto, sì che fui costretta a tormelo sposo. Egli mi amò sinceramente, ed anche io per riconoscenza l'amai; ma di quell'amore che sfiora il cuore, come fa la brezza della sera passando sugli aranceti da cui lambisce uno sprazzo di odori; di quella passione calma e rassegnata che sa di stanchezza, che cerca tranquillità e riposo. E lo confesso ben essermi violentata a riamarlo meglio per corrispondere a quella specie di frenesia con che egli mi amava. Ma nol potei, perchè una volta sola si ama nella vita, ed un uomo - e fuori di quello ogni nuovo affetto è languido falso. A lui mi tolse il fratel suo Ildebrando, che mi tenne chiusa tanti anni nel fondo della mole di Adriano per divellermi da ogni tenerezza di questa terra, e rivolgermi interamente a Dio.
      - Scellerato! sclama Roberto.
      - No, allucinato, risponde Alberada. Ho consumata dunque tutta l'ostica tazza che aveva avuta a sorbire! Ora la mia posizione è terribile.


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Il re dei re
Convoglio diretto nell'11. secolo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Daelli Milano
1864 pagine 522

   





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