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      Però, in segreto, ei lo sollecitavano a mantenersi fedele, a tenersi fermo di dentro, perchè le cose non ancora essendosi ben consolidate, Castel Sant'Angelo e' consideravano quale estremo rifugio pel patriziato e per coloro che rappresentavano il reggimento civile di Roma - vale a dire console, tribuni e capitani della milizia cittadina. Oddo li ubbidì.
      Non appena uscita Alberada dal castello, Oddo aveva fatto cadere un verrettone con pergamena tra le penne in mezzo ai soldati dell'imperatore. In quella pergamena e' scriveva, che un mese ancora il pontefice dimandava fosse rispettato il castello, e fornito ciascun giorno di scorte; il qual termine elasso, prometteva uscirne, rinunziare alla sede di Pietro, Enrico assolvere dalle censure, Clemente III riconoscere, perdonar tutti, ed andare a rinserrarsi nel suo prediletto soggiorno del monistero di Cluny. Veramente non gli si prestò ampia fiducia. Però vedendo l'impossibilità di togliere così presto d'assedio la piazza, e volendo sempre più giustificare la nobiltà di sua condotta innanzi al popolo romano, cui ambiva tornarsi divoto affatto, firmò i patti posti dal pontefice e partì.
      Il suo luogotenente Guiberto non seguì a puntino gli articoli del trattato. Scarsamente ogni tre dì faceva, col ministero di una corda, arrivar provigioni agli assediati, e, quasi per burla, due volte fece simulacro di scalar la fortezza. Ma quei di dentro, sempre all'erta, precipitarono dalle scale gli assalitori. Infrattanto lo spirare del mese approssimava e di Alberada nulla si sapeva.


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Il re dei re
Convoglio diretto nell'11. secolo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Daelli Milano
1864 pagine 522

   





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