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      Mandò suo legato in Lamagna Ottone vescovo di Ostia, in cui trasfuse i suoi principii ed i suoi poteri, e stette. Stette come torre sublime che sfida i secoli, e sfida gli uragani. Era stanco. Aveva fatto troppo sciupo delle sue forze morali; voleva riposarsi. Nè il desiderio gli mancò di riposarsi in Dio! Non già che intieramente non guardasse il presente. Novelle spiacevoli gli giungevano sempre da ogni verso, ed ei rifuggiva ormai da dolori, a cui non sapeva prestar rimedio - nemmeno quello della pazienza e della rassegnazione. Le cose attuali andavano male. I suoi grandi sforzi erano stati inutili; i suoi principii non prevalsi, e le sue parole non aveano fruttificato. Si compiaceva perciò contemplar meglio il passato; il passato che sì forte e sì glorioso era stato per lui! I due suoi più odiati nemici trionfavano. Enrico trionfava in Lamagna, Guiberto in Roma; nè alcuno rammentava più di lui, se non come un oggetto di spavento e di abbominio, che, dopo aver prodotti tanti mali, codardamente si era ritirato senza aver compiuta l'opera, senza aver combattuto sino alla fine. Ciò lo contristava; ciò aumentava quella cascaggine di membra che i dolori dello spirito avevano destata in lui e l'infievolivano ogni dì peggio. Ma egli comprendeva, per quella vasta mente che avea sì vasto disegno concepito, egli comprendeva che i tempi non lo propiziavano più, e che bastava aver ardito di seminare le sue dottrine, perchè altri secoli ed altri uomini le avrebbero maturate, avrebbero mietuti i frutti.


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Il re dei re
Convoglio diretto nell'11. secolo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Daelli Milano
1864 pagine 522

   





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