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      Sapeva di tutto. Ed in realtà, sapeva molto: lettere e scienze come affari. Nessuno raccontava un aneddoto bernesco o lugubre al pari di lui: egli possedeva la vena della buffoneria al grado supremo. Onde è che bisognava vedere come le religiose dei conventi ammattivano per lui e come le gonne correvano dietro alla sottana violetta.
      Con i liberali, con i filosofi, con i liberi pensatori cui non terrorizzava, con coloro che punto nol temevano o non avevan bisogno di lui, egli prendeva un'aria untuosa, melliflua, e dava ad intendere che, se il suo mestiere di vescovo gl'imponeva una certa condotta, il suo cuore era lontano dal giustificarla. Egli mi ha detto un giorno, a me che scrivo queste pagine: "Nessuno fa il carnefice di cuore gaio; io sono più italiano di voi!"
      Egli utilizzava tutto. Gli uomini, i fatti, gli avvenimenti, le passioni, divenivano nelle sue mani delle pedine che l'aiutavano a giuocar la sua partita di scacchi. Egli scandagliava un'anima, pesava un uomo con uno sguardo. Guai a chi era più forte di lui, o poteva divenire un ostacolo! Egli si serviva di una calunnia, che poteva partorire una sentenza capitale, come di un agnus dei a dare ad una beghina. Però egli largiva gratis un'assoluzione in articulo mortis alla sua vittima, e si scomodava per andarla a confessare in persona ed accompagnarla al patibolo.
      Tale era l'uomo che aveva fatto chiamare Don Diego Spani.
      Don Diego si trovò al palazzo vescovile all'ora indicata. Monsignor Laudisio, da uomo che ha dell'ordine ed una buona memoria, era esatto.


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Il re prega
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1874 pagine 387

   





Don Diego Spani Diego Laudisio