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      Quegli apparecchi eran lugubri; si facevano in silenzio. Imperocchè ognuno di quelli oggetti aveva la sua storia dolorosa: essi ricordavano una memoria cara, un cordoglio, una miseria, una gioia, una sofferenza. Essi avevano risparmiato tal boccone di pane, tal bicchiere di vino, tal pezzetto di carne per comperare quella giarra di cristallo, quello specchietto, quella pezzuola di seta, quelle fibbie di acciaro per le scarpe del prete, per la cintura della ragazza. Ecco il ferro a spianare del babbo, - le armi di famiglia! Ah! ecco il filatoio della madre.... ed i suoi orecchini d'argento, ricevuti il dì degli sponsali.... ed il telaio ove ella aveva tessuto per i clienti del villaggio: il Cristo del suo capezzale. Ecco il seggiolone dove il prete sedeva.... il suo calamaio screpolato, i suoi libri del seminario cacciati in un canto, il mazzetto di fiori di carta dipinta che sua madre avevagli regalato il giorno della sua prima messa! Bisognava affagottare, gittare, abbandonare tutto ciò!
      Come questa casa sembrava miserabile adesso! Come tutto ciò aveva l'aria di vecchio e povero ora che lo si rimuoveva, che lo si traslocava! Questo disordine, queste ruine li ambasciavano. Tutto era polvere. Si perdeva il ritmo della vita. Confondendo tutti quegli oggetti, si disordinavano tutte le memorie; tutta la loro storia si affondava. Il fratello e la sorella si trovavano nel vacuo, fuori del tempo, nudi di tutto.
      La miseria si affeziona ad ogni nonnulla e vi soffia dentro una fibra dell'anima.


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Il re prega
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1874 pagine 387

   





Cristo