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      - Voi mentite, urlò il commissario. Voi siete due empi e mal pensanti. Il priore della congregazione si lamenta di voi. Non confessione, distratti alla messa, poco rispetto verso monsignor Scotti.... E poi, e poi, cosa sono codeste setole che portate sulle labbra?
      I due giovanotti non risposero. Campobasso li riprese per le orecchie e, scuotendoli con violenza, strappò loro come potè la neofita lanuggine delle labbra.
      - Dei mustacchi dunque? dei segni di libertini? Peste e sangue! noi vedremo codesto. Don Severio!
      L'ispettore chiamato comparve.
      - Un barbiere, all'istante. Fate radere fino al sangue questi due galuppi e metteteli in segreta, a digiuno. Andate! soggiunse egli poi allungando un calcio alle spalle dei due disgraziati giovanotti, pallidi come due statue d'avorio.
      Dopo ciò, come se nulla avesse fatto, Campobasso si fregò le mani, si riassise e disse a Don Diego: Avvicinati.
      Don Diego era tutto in iscompiglio. Delle idee di tutti i colori turbinavano nel suo capo. Ciò che aveva udito e veduto lo annientava. Campobasso impiombò i suoi occhi freddi, ironici, pieni di disprezzo, crudeli, su quel sembiante decomposto e disse:
      - Sei tu Don Diego Spani di Lauria?
      - Sì, signor commissario.
      - Interdetto da Sua Eccellenza Reverendissima monsignore di Policastro?
      Don Diego abbassò gli occhi senza rispondere.
      - Perchè quel santo vescovo di monsignore Laudisio ti ha desso interdetto?
      - Egli non m'ha fatto l'onore di dirmelo.
      - Egli! Egli! tu potresti ben dire Sua Eccellenza Reverendissima, mi pare?


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Il re prega
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1874 pagine 387

   





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