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      Un lacchè in livrea si teneva stecchito nell'anticamera. Una donna confezionava, starei quasi per dire, ricamava la cucina. Una graziosissima cameriera riempiva gli uffici di governante.
      All'istante in cui Don Diego si presentò, la tavola non era ancora disservita, ed ei potè intravvedere la bella argenteria, la bella biancheria di Sassonia ed i residui di un ricco dessert.
      Don Domenico fiutava e sorbiva il moka nel salone con alcuni amici, e Don Diego rimarcò, quantunque poco conoscitore, il bel servizio di porcellana inglese di Minton e la cristalleria di Boemia. Tutto ciò, mediante 180 lire al mese! Era la ripetizione in permanenza del famoso miracolo dei pani e dei pesci, di cui, a vero dire, gli impiegati di S. M. Siciliana conoscevano tutti il secreto. L'han dessi dimenticato di poi, o non ne han lasciato memoria?
      Questa opulenza sembrò quasi regale a Don Diego, ed ei provò una specie di trepidazione involontaria. Ebbe per un momento l'aria goffa ed imbarazzata. Aveva dato il viglietto del capitano Taffa al domestico, ed aveva fatto domandare se lo si poteva ricevere. Cinque minuti dopo, Don Diego era introdotto nel gabinetto di Don Domenico.
      Questo personaggio avviluppato in una calda zimarruola, uno steccadenti fra le labbra, entrò quindi a poco e toccò un piccolo campanello per chiamare un domestico che venisse a rimuovere il fuoco del braciere.
      Ei navigava fra i cinquant'anni e di già si brizzolava. La sua taglia tendeva all'adipe. Aveva viso aperto, rubicondo, quadrato, minuziosamente raso, da brav'uomo; era lindissimo e si dondolava camminando.


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Il re prega
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1874 pagine 387

   





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